Se ne sente parlare sempre di più. E cresce l’interesse nei loro confronti. Dark kitchen e ghost restaurant sono due trend topic nel mondo della ristorazione. Nonostante il nome, non c’entrano nulla fantasmi o altre entità oscure. Si tratta, piuttosto, di evoluzioni del settore strettamente connesse alle nuove tecnologie e al delivery, che la pandemia ha contribuito a enfatizzare.
Dark kitchen e ghost restaurant sono due attività simili, ma non uguali. Vediamole nel dettaglio:
Sulle definizioni c’è ancora un po’ di confusione. Del resto, è materia viva in continua e veloce evoluzione. Queste attività, dopo lo sviluppo all’estero, stanno conoscendo una crescita sensibile anche in Italia. Il Rapporto Osservatorio Ristorazione 2021 evidenzia che, nel 2020, il 27% dei ristoratori ha avviato una dark kitchen o un brand virtuale.
I vantaggi di questi format sono innumerevoli. Di fatto, si ha un ristorante con consegna a domicilio senza però alcun servizio di sala. Non è richiesto, dunque, l’affitto di un locale di grandi metrature. Si può, invece:
Si possono, inoltre, testare nuovi concept e diminuire gli sprechi di cibo.
La pandemia di Covid-19 è stata un acceleratore per la nascita di nuovi modelli di business “fantasma” anche in Italia. Il delivery, da un giorno all’altro, ha rappresentato per molti operatori del settore Horeca un’ancora di salvezza. L’unica via percorribile per salvare il salvabile a livello di fatturato e per mantenere un contatto attivo con i propri clienti.
Attualmente in Italia la direzione principale sembra essere quella di sfruttare le materie prime di cui già dispone il ristorante e creare un brand dedicato solo al delivery. Sarà questa la cucina del futuro? Gli esperti, per ora, sono cauti. È difficile che i ristoranti virtuali vadano a soppiantare in toto quelli fisici. L’ipotesi più probabile è che vi sia un’integrazione tra ristorazione classica e il suo lato “nascosto”, creando un ecosistema virtuoso per entrambi.
Valorizzando opportunamente il ghost restaurant, si contribuisce a dare un nuovo slancio di vitalità all’attività. Nonostante i ghost restaurant siano brand a sé stanti, fanno, tuttavia, parte di un locale già esistente. Ecco perché è importante porre uno sguardo a come arredare un ristorante. Rimanendo, infatti, in qualche modo legato al locale “genitore”, deve esserci un filo rosso a livello di immagine e arredi.
Dal canto suo, un franchisee potrebbe puntare su una dark kitchen, specie in un centro commerciale, invece di aprire il classico corner. In questo modo, si ottimizzano costi e benefici, senza curarsi del problema degli spazi. Infine, ultimamente le dark kitchen stanno riscuotendo grande successo all’interno delle aziende, come corner per i dipendenti per un social eating che, secondo uno studio¹, accresce il benessere e migliora la produttività. Prima del Covid-19 erano nate le prime esperienze a Milano, poi tutto si è cristallizzato. Ma questa tendenza, concordano gli esperti, sarà una delle caratteristiche dell’ufficio post pandemia.
Prima di capire come aprire un ristorante di questo tipo, bisogna innanzitutto comprenderne le potenzialità. Chi possiede già un ristorante può puntare su un ghost restaurant per creare una seconda “ala” del brand. Ma come avviare un ristorante online da zero? La tecnologia, nel cui sostrato questi nuovi business affondano le loro radici, viene incontro agli imprenditori. Un esempio sono le cosiddette cloud kitchen. Si tratta sostanzialmente di dark kitchen “smart”. Una specie di coworking della ristorazione per avviare la propria impresa di ristorazione basata sul food delivery. In uno stesso spazio, di norma piuttosto piccolo, convivono più ristoratori, ognuno indipendente dall’altro. Sono, quindi, adatte a chi non può (ancora) permettersi di aprire un ristorante, ma intende mettersi in gioco e iniziare la propria attività.
Dark e cloud kitchen, ghost restaurant, elementi virtuali che dialogano con spazi fisici: l’intangibile si fa tangibile. Saper cogliere per tempo queste sfide è la chiave per aprire le porte al futuro. Noi lo facciamo da trent’anni e restiamo… affamati di novità.